Intervista Arch. Enrico Righi – La casa a consumo zero
Su Terra Nuova Edizioni Febbraio 2016
La sostenibilità in bioarchitettura deve tener conto anche degli aspetti legati al ciclo di vita dei materiali e alla salubrità degli ambienti. Non sono aspetti che la normativa rischia di trascurare?
Arch. Enrico Righi – Certamente. Uno degli aspetti fondamentali della bioarchitettura, forse la sua principale prerogativa, consiste proprio nell’aver evidenziato quanto siano influenti le costruzioni nel determinare o meno la qualità della nostra vita proprio sotto il profilo sanitario.
Sappiamo che in Italia, per esempio, una persona passa mediamente il 90% del proprio tempo in luoghi confinati, spesso privi di un’efficace aerazione e contaminati da numerose sostanze potenzialmente nocive per la salute, tra cui anche i gas di scarico degli automezzi, in quantità spesso maggiori rispetto all’esterno. Da questo punto di vista assumono un’importanza fondamentale sia i materiali con cui sono costruiti i nostri edifici, sia la qualità dell’aria interna (Iaq, Indoor air quality) che può essere migliorata attraverso un’efficace gestione dei ricambi d’aria. Nell’edilizia, in particolare, vi sono diversi tipi di inquinanti e di sostanze potenzialmente nocive per la salute delle quali non si conoscono ancora gli effetti a
lungo termine: dagli agenti cancerogeni contenuti nelle malte e nei cementi a quelli nelle vernici, nei loro solventi e negli adesivi. E ogni anno ne vengono introdotte di nuove, a dispetto
di leggi o sistemi di verifica per lo più inadeguati, senza che questo susciti particolare scalpore nei nostri legislatori. Solo nel luglio 2013, a due anni di distanza dalla sua emanazione, è
stato finalmente recepito anche in Italia il Regolamento europeo sui prodotti da costruzione (Cpr 305/2011), che ha istituito l’obbligo per i produttori di fornire documentazioni più dettagliate concernenti le caratteristiche tecniche dei prodotti, la loro provenienza e la presenza di eventuali sostanze inquinanti per l’ambiente o nocive per la salute. In questo senso, molte aziende produttrici hanno adottato il criterio di valutazione Lca (Life cycle assessment – Valutazione del ciclo di vita), utile a definire in modo oggettivo i carichi energetici e ambientali di un determinato prodotto, di un processo o di un’attività. Tale approccio, definito puntualmente a livello internazionale da una serie di norme (Iso 14040-44), è un metodo da ritenersi ormai imprescindibile, soprattutto quale supporto per lo sviluppo di schemi di etichettatura ambientale o dichiarazioni ambientali di prodotto (Epd). Ciononostante, questi strumenti non bastano da soli a determinare un vero cambio di rotta in un settore così rigidamente impiantato su vecchi canoni come quello delle costruzioni. Servirebbe una maggiore trasparenza da parte dei produttori di materiali per l’edilizia e certamente anche una maggiore consapevolezza da parte dei professionisti, nonché la creazione di una banca dati pubblica a livello nazionale, protetta da condizionamenti e costantemente aggiornata e accessibile a tutti. Un primo passo avanti potrebbe essere la presenza di schede di sicurezza
dettagliate e la capacità di discernere tra le molte etichettature presenti sul mercato. Infine, l’utenza dovrebbe essere più informata e imparare a conoscere i vantaggi dei prodotti per la bioedilizia.